CORTE D'APPELLO DI FIRENZE Seconda Sezione Civile Il Consigliere designato dott. Marco Modena, ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 662/2014 V.G. promossa da Congiu Simonpietro, Neri Giorgio, Pantaleo Salvatore e Pusineri Paolo, rappresentati e difesi dall'avv. Renzo Filoia, ricorrenti, Contro Ministero della giustizia, non costituito. Letto il ricorso ex art. 3 legge n. 89/2001, come modificata dalla legge n. 134/2012, depositato il 13 novembre 2014, e la documentazione allegata; Rilevato che: 1) i ricorrenti hanno chiesto equa riparazione per la eccessiva durata del procedimento (anch'esso per equa riparazione) promosso dinanzi alla Corte d'Appello di Perugia, con ricorso iscritto a ruolo il 18 giugno 2010, e definito con decreto di accoglimento n. 1786 depositato il 30 settembre 2013, durato complessivamente anni 3, mesi 3 e giorni 12; 2) secondo l'art. 2, comma 2-ter, della citata legge n. 89 (introdotto dal d.l. n. 83/2012 convertito in legge n. 134712) si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni; facendo applicazione di tale criterio, pertanto, il ricorso andrebbe respinto qualora si interpretasse la norma nel senso che essa si applichi anche ai procedimenti conclusi in un solo grado durato meno di sei anni; tale interpretazione e' stata pero' respinta da Cass. n. 14/23475, che ha ritenuto di limitarne la portata ai processi sviluppatisi nei suoi tre gradi, nel senso cioe' che essa consente solo il trascurare il superamento registrato in un grado, quando questo sia compensato da un iter piu' celere rispetto allo standard in altro grado; 3) tuttavia la durata del procedimento sarebbe egualmente legittima anche solo alla luce del termine di cui all'art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89/2001 (tre anni per il primo grado), superato, nel caso di specie, nella sola misura di mesi 3 e giorni 12, e quindi non indennizzabile, ex art. 2-bis, legge n. 89/2001, poiche' frazione di anno inferiore a sei mesi; 4) ma la normativa sopravvenuta si pone in contrasto con la giurisprudenza, sia della CEDU (in particolare la decisione in causa CE.DI.SA. 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Italia 27.9.11) che della Corte di Cassazione (in particolare le sentenze numeri 4914/12, 5924/12, 6824/12 e 8283/12), formatasi anteriormente all'entrata in vigore del d.l. n. 83/2012, che ravvisava in soli due anni (per i procedimenti che si svolgessero in due gradi di giudizio) il termine ragionevole per i procedimenti ex lege n. 89; 5) risulta pertanto non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della normativa applicabile al caso di specie; l'individuazione del principio costituzionale della «ragionevole durata» di cui all'art. 111 secondo comma Cost. non puo' essere infatti avulsa dalla natura del procedimento stesso, e dalla sua «naturale» durata, che dipende in primo luogo dalla sua maggiore o minore complessita'; in questo quadro, il procedimento per equa riparazione e' per sua natura destinato a durare assai meno di un giudizio ordinario di cognizione (ma anche di una procedura esecutiva, articolata in piu' fasi: pignoramento, vendita o assegnazione, riparto e distribuzione, etc.) data la semplicita' dei fatti che deve accertare (la durata di un procedimento, e le ragioni della sua protrazione, di regola evincibili dalla mera produzione degli atti processuali), e le finalita' cui tende (indennizzare la violazione di un diritto fondamentale leso proprio da una precedente eccessiva durata), oltre che per la mancanza di un doppio grado di merito; la previsione di una sua «ragionevole durata» pari a tre anni per il solo primo grado risulta pertanto incongrua, e lesiva del predetto art. 111, secondo comma Cost., oltre che dell'art. 117, primo comma, per violazione degli obblighi internazionali derivanti all'Italia dall'art. 6 (e 13, come meglio si specifichera' in seguito) della predetta Convenzione (la cui violazione comporta lesione dell'art. 117, primo comma Cost., come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, secondo le tendenza della Corte costituzionale numeri 348 e 349 del 2007 e la successiva giurisprudenza ad esse conforme), che stabilisce l'analogo principio del «tempo ragionevole», e infine dell'art. 3, primo comma Cost. per uniforme trattamento di situazioni diverse; 6) non per caso, quindi, il «diritto vivente» (uniforme interpretazione di CEDU e Corte di Cassazione Italiana, come recentemente consolidatasi) alla vigilia del d.l. n. 83/2012 affermava che la durata ragionevole di un procedimento ex lege n. 89 non dovesse superare i due anni (quando articolatosi in due gradi); e tale interpretazione puo' trarre conforto dagli stessi termini ordinatori piu' brevi indicati dalla legge fin dalla sua originaria formulazione per lo svolgimento della procedura di equa ripartizione (nel senso che, in presenza di tali, piu' ridotti termini, difficilmente sarebbe risultato giustificabile un termine ancor piu' ampio di quello ravvisato dalla giurisprudenza), che oggi, peraltro, proprio il d.l. n. 83/2012 convertito nella legge n. 134, ha ribadito, fissando un termine ancora piu' (trenta giorni) per l'emissione del decreto nella fase «monitoria» (art. 3, comma 4, legge n. 89, come modificata), e mantenendo il termine di quattro mesi per la eventuale fase di opposizione (art. 5-ter, comma 5); 7) ne' potrebbe dirsi irrilevante un'insufficiente riparazione ai sensi della legge n. 89/2001, ai fini della lesione dei diritti costituzionalmente garantiti sopra richiamati, sol perche' esiste la possibilita' di ottenere una «equa soddisfazione» dalla CEDU, ai sensi dell'art. 41 della Convenzione citata, anche oltre i rimedi apprestati dall'ordinamento interno; e cio' in quanto l'art. 13 della Convenzione impone comunque agli Stati di predisporre un rimedio interno davanti ad un giudice nazionale per la violazione dei diritti dalla stessa garantiti; 8) in ordine alla rilevanza, si richiama quanto sopra esposto, ai punti 1 e 2, da cui consegue che, ove si dovesse ritenere conforme a Costituzione, e conseguentemente applicare, la normativa vigente, il ricorso andrebbe respinto, risultando superato, ma solo in misura minima e quindi non indennizzabile, il termine ragionevole di tre anni ex art. 2, comma 2-bis, legge n. 89/2001 nel testo vigente; mentre invece, ove fosse accolta la questione di legittimita' costituzionale, nei termini sopra prospettati, il ricorso dovrebbe essere accolto, in quanto la durata del procedimento ha superato i due anni, pur essendosi svolto in unico grado.